Sindacati complici e accordi separati, anche in Francia

Appello

Pres MedefNoi, associazioni, sindacati, partiti politici e cittadine/i, lanciamo un appello perché l’accordo nazionale interprofessionale (ANI), firmato l’11 gennaio 2013 dal padronato (nella prima foto Laurence Parisot, presidente del MEDEF, la Confindustria francese) e da tre sindacati non venga trasposto in una legge (per leggere il testo dell’accordo, in francese, cliccare qui). Quell’accordo illegittimo costituisce, in effetti, un regresso sociale importante, che non farà che aggravare la precarietà del lavoro. Facciamo appello perché tutte/i lo conoscano e si impegnino a impedire che acquisisca la forza di legge.
Il collettivo unitario che ha dato vita all’appello organizza una grande assemblea il 28 febbraio 2013, a Parigi, prima della giornata di sciopero del 5 marzo 2013 decisa dai sindacati non firmatari, CGT, FO, FSU e Solidaires.
L’accordo nazionale interprofessionale (ANI) dell’11 gennaio, firmato dal padronato e da alcune organizzazioni sindacali, rappresenta un regresso sociale importante. I cosiddetti «nuovi diritti per i lavoratori dipendenti» sono in realtà di portata limitata e prevedono numerose deroghe e disposizioni che consentono di aggirarli. Invece, le misure in favore del padronato assestano colpi gravissimi al diritto del lavoro. E’ un accordo che si inserisce nella linea delle indicazioni della Troika (Commissione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale) applicate dovunque in Europa: smantellamento del diritto del lavoro, ricatto occupazionale per abbassare i salari e i diritti sociali in nome della competitività. L’accordo contribuirà così ad aggravare la spirale depressiva in cui le politiche di austerità stanno affossando tutta l’Unione europea.
L’accordo, dopo le leggi dei governi Fillon del 2004 e del 2008 (leggi di controriforma previdenziale e su numerose altre norme in materia di lavoro, ndt), leggi che occorre abrogare, rimette gravemente in discussione la gerarchia delle norme, consentendo che un accordo aziendale possa essere meno favorevole dei contratti collettivi e della stessa legge: nel caso di «gravi problemi congiunturali» dell’azienda (ma quale azienda non conosce problemi congiunturali e, soprattutto, chi potrà stabilirne l’esistenza?) si lascia al lavoratore dipendente la sola scelta di accettare l’abbassamento del proprio salario e l’aumento del proprio orario, pena il licenziamento. L’accordo riduce considerevolmente i diritti e le possibilità di contestazione e di ricorso in giudizio da parte dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Esso rimette in causa prerogative importanti degli organi rappresentativi dei dipendenti e rafforza il potere dei datori di lavoro, in particolare quello di imporre la «mobilità» dei lavoratori (trasferimento di sede o cambio di mansione).
Lungi dal permettere «la messa in sicurezza del posto di lavoro e dei percorsi professionali dei dipendenti», l’accordo, al contrario, aggraverà la precarietà del lavoro, liberando il padronato da numerosi obblighi. A dispetto delle promesse fatte dal governo, l’accordo non riduce le ineguaglianze professionali tra donne e uomini, dal momento che la precarietà del lavoro investe in primo luogo le donne, preponderanti (80%) nei contratti part time e, ancora più spesso, toccate dai contratti a tempo determinato, dalla disoccupazione e dalla sottoccupazione.
Laurent_berger_-_secrétaire_général_CFDTInfine quest’accordo è illegittimo. E’ stato firmato da tre confederazioni sindacali (la CFDT, la CFTC e la CFE-CGC; nella seconda foto Laurent Berger, il segretario generale della CFDT, il principale sindacato “complice”)) che rappresentano una minoranza dei lavoratori dipendenti, mentre le regole sulla rappresentatività sindacale sono in procinto di essere cambiate. I deputati della destra si dicono pronti a votare quelle disposizioni assumendo il testo contenuto nell’accordo, ma né il presidente della repubblica né la maggioranza dell’Assemblea nazionale sono stati eletti per far regredire i diritti dei lavoratori. Trasporre dunque questi regressi sociali in una legge rappresenterebbe anche una grave negazione della democrazia.
Chiediamo a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, e più largamente alle cittadine e ai cittadini, a leggere questo testo, a analizzarlo, a tenere ovunque riunioni per discuterne insieme e farsi sentire presso i propri rappresentanti in parlamento, in particolar modo presso quelli di sinistra, affinché non votino quel testo.
E’ piuttosto il momento di dare certezze e sicurezza all’occupazione, contro i licenziamenti, per un lavoro di qualità, senza precarietà, con diritti sociali di alto profilo per i lavoratori, i disoccupati, i pensionati. Faremo di tutto perché questo accordo non acquisisca la forza di legge e facciamo appello a sostenere tutte le iniziative in tal senso, in particolare le mobilitazioni sindacali.

L’appello è sostenuto da:

Attac, CADAC, CGT del commercio di Parigi, CGT Lavoratori alberghieri, CGT delle Finanze, CNDF, CNT-Solidarietà operaia della regione parigina, Convergenza di difesa e sviluppo dei servizi pubblici, Convergences & Alternative, Féderazione per un’alternativa sociale e ecologica, Fondazione Copernico, FSU, Gauche anticapitaliste, Gauche unitaire, Les Alternatifs, Les efFRONTé-e-s, Marce europee contro la disoccupazione, Movimento nazionale dei disoccupati e dei precari, NPA-Nouveau parti anticapitaliste, Osate il femminismo!, Partito comunista, Partito comunista degli operai di Francia, PG-Partito di sinistra, Rete femminista «Rotture», Resistenza sociale, Repubblica & Socialismo, Unione sindacale Solidaires…