di Juan Luis Berterretche (traduzione di Titti Pierini da Movimento operaio)
Dal 2012 c’è la tendenza a una svolta di destra del regime del PT guidato da Dilma Rousseff, che si manifesta nella maggior parte delle importanti decisioni sociali, politiche ed economiche prese dal governo. E questo colpo di barra si è rafforzato nel primo semestre del 2013.
Indici allarmanti nell’economia
Il progetto produttivo retrogrado di un’economia sempre più incentrata sulla produzione, estrazione ed esportazione di materie prime senza valore aggiunto si è andato intensificando nei due governi di Lula, dando priorità alle monocolture dell’industria agricola da parte della speculazione commerciale delle commodities, incentivando l’estrazione petrolifera e rendendone intensivo lo sfruttamento in grandi giacimenti di minerali a cielo aperto. Sul piano del mercato interno, le misure che incoraggiano le massicce vendite sovvenzionate di case, automobili e ogni sorta di elettrodomestici ha creato una bolla creditizia con prospettive insospettabili, nel pieno del peggioramento dello stato delle finanze pubbliche. Si tratta di indirizzi che stanno incubando innumerevoli problemi sociali e ambientali. E, al momento, costituiscono anche la causa principale del fatto che i conti con l’estero del Brasile cominciano a presentare allarmanti sintomi negativi, nel quadro della continuità della crisi economico-finanziaria mondiale iniziata nel 2007-2008.
Esaminiamo alcuni dati inquietanti: “nei primi cinque mesi di quest’anno la bilancia commerciale accumula un deficit di US$ 5.400.000.000,di fronte a un avanzo primario di US$ 6.261.000.000 nello stesso periodo dell’anno scorso. In base ai dati ufficiali, si tratta del peggior risultato ottenuto nei primi cinque mesi dell’anno della serie storica iniziata nel 1993. Secondo la Banca Centrale, tra gennaio ed aprile il passivo del conteggio di transazioni correnti (saldo commerciale meno rimesse all’estero) ha raggiunto US$ 33.180.000.000, un aumento dell’89,68% rispetto al passivo dello stesso periodo del 2012. La previsione del debito estero per quest’anno, che cresce ad ogni nuova divulgazione dei dati, è di US$ 72.000.000.000”… “Questo risultato, che è il peggiore nei conti con l’estero del Brasile dal 1947, deriva dal combinarsi di un aumento delle rimesse di utili dall’estero che hanno raggiunto US$ 28.130.000.000 nel primo quadrimestre –superiore di quasi il 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso – con una significativa caduta del saldo commerciale, passato da US$ 3.300.000.000 nei primi quattro mesi del 2012 a US$ 6.150.000.000 nel primo quadrimestre del 2013”.[i]Il saldo commerciale risulta dall’aumento delle importazioni e da un arresto delle esportazioni.
Come ben rileva Lima Cardoso: nell’attuale contesto di prolungata crisi mondiale, il passivo estero è “estremamente pericoloso”. Tutte le grandi crisi del paese negli ultimi decenni hanno come comun denominatore i “deficit dei conti esteri”. Coprire questo deficit con investimenti stranieri diretti – come si sta facendo – significa accettare un processo di “denazionalizzazione dell’economia brasiliana”, giacché la maggioranza dei capitali internazionali che entrano sono destinati all’acquisto di imprese nazionali. Questo aumenta la dipendenza brasiliana dalle strategie dei capitali internazionali che non tengono conto degli interessi nazionali. Inoltre, tali capitali esteri imperialisti stanno godendo del finanziamento della Banca Nazionale di Sviluppo (BNDES).[ii]
Un’analisi delle principali imprese operanti in Brasile dimostra come cresca il numero di quelle appartenenti al capitale straniero, solo straniero o associato a capitali brasiliani. “Nella regione Sud-Est, ad esempio, quella più dinamica e industrializzata del paese, delle 50 maggiori imprese 22 (44%) sono straniere o hanno capitale di origine straniera nella loro composizione. Tali imprese sono in genere ubicate in settori dell’economia con i maggiori tassi di rientro per gli investitori (commercio al minuto, telecomunicazioni, veicoli, farmaceutica e cosmetici, ecc.)”.[iii]Questo indica che le rimesse di utili continueranno ad aumentare. E le misure del governo Dilma non annunciano nulla di buono: l’aumento degli interessi di base dell’economia (stima Selic)[iv]da parte della Banca Centrale e sotto la pressione del capitale finanziario – che accresce con quest’aumento i propri profitti attraverso il pagamento degli interessi e ammortamenti del Debito Pubblico – ci suggeriscono una nefasta capitolazione a questo settore.
Il bilancio federale 2013 ha annunciato la svolta di destra
A poco più di due decenni di distanza dalle alterazioni della Costituente del 1988, i difetti dell’attuale sistema tributario brasiliano si sono accentuati sotto i governi del PT. Questi sono ben noti. In primo luogo, c’è un sistema di riscossione pubblica sostanzialmente basato su imposte indirette, ingiuste in quanto regressive: chi ha di più paga meno e chi ha meno paga di più. Le stesse imposte dirette (IPTU- l’imposta sul possesso della casa, pari a circa lo 0,2% del valore dichiarato all’atto dell’acquisto -, Imposte sulla rendita e ITBI – imposta sul trasferimento di beni immobili) presentano gravi disposizioni antipopolari. L’imposta sulla rendita incide fondamentalmente sui salari e le sue aliquote hanno bassa progressività, tassando in forma lieve i salari più elevati. L’IPTU sugli immobili affittati la paga l’inquilino e l’ITBI “causa mortis” – imposta sull’eredità – ha aliquote basse e non progressive (non crescono a seconda del valore). Mentre in Inghilterra o in Svezia sono previste imposte vicine al 50% su immobili ereditati di alto valore, in Brasile le tasse sono molto basse e non progressive. L’imposta principale del paese, l’ICMS (l’IVA brasiliana) è indistinta: dovrebbe essere bassa per i prodotti essenziali e più elevata per quelli superflui, ma non è così.
Questo sistema fiscale negativo trova il suo “complemento” in un Bilancio Federale annuale nel quale si assegnano le risorse in modo sfavorevole per la popolazione. Il Bilancio programmato per il 2013 era già un indicatore del colpo di barra a destra del governo: quasi la metà di questo – esattamente il 42% – è destinato a pagare gli interessi e l’ammortamento del debito pubblico brasiliano.[v]Dei 2.400 miliardi di reales, 900 miliardi (circa US$ 450 miliardi) si spenderanno per pagare interessi e ammortamenti del debito, essendo ad esempio previsti 71,7 miliardi per l’Istruzione, 87,7 per la Sanità, ossia un dodicesimo e un decimo rispettivamente dell’ammontare destinato al pagamento del debito pubblico. Per la riforma agraria si spenderanno 5 miliardi, vale a dire 180 volte meno. Aggiungiamo che in nove giorni di versamento del debito pubblico si supera la somma prevista per un anno nel programma “Borsa Famiglia” che aiuta circa 13,5 milioni di nuclei familiari. In queste cifre si riassumono le priorità economiche del governo del PT.
Come i precedenti governi, quelli di Lula e di Dilma Rousseff rispettano le raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale e il sistema finanziario internazionale nell’elaborare il bilancio, dando priorità al pagamento del debito pubblico a detrimento dei bisogni dei settori sociali. L’unica differenza con i governi del PT è un mutamento appena percettibile: prima era preponderante il pagamento del debito estero e oggi la maggior parte delle spese riguarda il cosiddetto “debito interno”, che indipendentemente dal nome ha ugualmente come beneficiari banche e investitori stranieri. Il cosiddetto debito interno è un nuovo volto del debito estero e continua a sottrarre risorse ai più poveri (tramite tributi che incidono sul consumo e sui salari) per privilegiare redditieri e speculatori.
“Il debito pubblico è diventato un mero strumento del mercato finanziario. Anziché servire da strumento per ottenere risorse per finanziare lo Stato e migliorare le condizioni di vita dei brasiliani, è diventato un meccanismo per sottrarre volumi crescenti di risorse pubbliche, destinando vane promesse ai settori sociali e provocando il peggioramento delle condizioni di vita della società in generale, in quanto favorisce il settore finanziario”. “Dato l’attuale sistema di lancio di titoli del debito pubblico, appena dodici banche possono ottenerli dal tesoro nazionale. Queste cosiddette banche dealers (intermediarie autorizzate alla compravendita) acquistano titoli solo quando il tasso di interesse raggiunge il livello che desiderano. Con ciò, il Brasile continua a pagare il maggior tasso di interesse del mondo”.[vi]E nessun “economista” dei grandi mezzi di comunicazione collega l’aumento dell’inflazione al pagamento del debito pubblico. Un dirigente di Força Sindical è arrivato a dirmi che l’origine dell’inflazione derivava dal “populismo sociale” (Borsa famiglia, ecc.) del governo, ignorando il dissanguamento del debito pubblico.
Puntando su un funesto modello di fonte energetica
Il modello di fonte energetica del paese si basa soprattutto sui combustibili fossili, in particolare sull’estrazione del petrolio nell’oceano, integrato dal ricavo di energia elettrica proveniente dalle dighe e condividendo lo sfruttamento petrolifero –attraverso licitazioni – con le multinazionali del settore ed estendendo la costruzione di prese e di dighe tramite concessioni di lavori a transnazionali brasiliane del settore edilizio. Nei tre governi del PT questa scelta si è allargata, aumentando la privatizzazione di entrambe le opzioni.
Si tratta di un modello che contribuisce ad aggravare il cambiamento climatico. Non a caso il petrolio è la principale fonte energetica globale. Ma gli impatti territoriali ed ambientali del petrolio vanno ben oltre, se si considera che alcune delle attività più nocive dell’attuale modello urbano-agroindustriale non esisterebbero senza il petrolio, essendo fortemente dipendenti da questo: mobilità motorizzata, terrestre/fluviale/marittima/aerea (sia di persone sia di merci), urbanizzazione accelerata e dispersa, turismo di massa intercontinentale, industrializzazione dell’agricoltura, globalizzazione di produzione e consumo, sviluppo incontrollato dell’estrazione mineraria a cielo aperto su scala globale, ecc. Sono questi alcuni degli impatti ambientali indiretti del petrolio. Per giunta il Brasile negli ultimi anni ha compiuto un balzo nel peggioramento della produzione energetica, proponendosi di estrarre il petrolio dal pre-sale: Con il prezzo del petrolio sopra i 120 dollari al barile, all’inizio della crisi economica apertasi nel 2007-2008, perforare a 5-6 chilometri sotto il livello del mare attraversando lo strato di sale per arrivare fino a quei remoti giacimenti di gas e petrolio potrebbe essere conveniente. Naturalmente raggiungendo un rapporto costi-benefici che esigeva di adeguare all’estremo le spese per prospezioni ed estrazione. Cosa che sta ancora cercando di fare Petrobras, al prezzo di numerose perdite nel primo semestre 2012 e alcune di meno quest’anno – cercando di ridurre i costi degli impianti. Un nuovo aggravamento nel modello energetico sta per intervenire con l’approvazione dell’Agenzia Nazionale del Petrolio del lancio di una gara d’appalto nell’ottobre 2013 per multinazionali imperialiste – che sono le detentrici della complicata tecnologia – per lo sfruttamento del gas da scisti nelle conche già individuate del Parecis (Mato Grosso), di Parnaiba (tra Maranhão e Piauí), di Recôncavo (Bahía), oltre a quelle del fiume Paraná (tra Paraná e Mato Grosso do Sul) e di Río São Francisco (tra Minas Gerais e Bahía). Il sistema è noto come frattura idraulica o fracking, ed è stato vietato in Francia, in Bulgaria e in altri paesi europei per le sue conseguenze inquinanti. La filiale brasiliana dell’organizzazione internazionale Amici della Terra, insieme a Greenpeace e ad altre organizzazioni ambientaliste elaborarono un documento pubblico che spiega i motivi di una posizione contraria al procedimento. Tra i principali impatti ambientali comprovati dagli specialisti ci sono la contaminazione dell’acqua (di pozzi, fiumi, laghi o falde sotterranee), dell’aria e del suolo, i pericoli di esplosione con liberazione di gas metano, consumo eccessivo di acqua impiegata nel frazionare la roccia, l’impiego di più di un mezzo migliaio di sostanze chimiche aggiunte all’acqua per facilitare il frazionamento idraulico, oltre al fatto che questa tecnica stimola movimenti tettonici che possono provocare terremoti (movimenti già verificatisi negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Olanda).[vii]
Nel frattempo, l’Associazione Brasiliana dell’Energia Eolica (Abeólica) ha informato nell’aprile scorso del fatto che attualmente ci sono quattro parchi eolici finiti, ma non operativi, non disponendo di linee per trasmettere l’energia prodotta: due parchi nel Río Grande do Norte e due a Bahía. Alcuni di questi si trovano in questa situazione da più di un anno.
Il governo di Dilma intensifica lo scontro
Sia il modello produttivo sia la fonte energetica caldeggiati dal governo hanno suscitato lo scontro con le popolazioni indigene, quelle costiere e con i pescatori, piccoli produttori rurali e organizzazioni sociali di lotta per la Terra. È durante il governo di Dilma Rousseff che le grandi opere idroelettriche e le dighe che trattengono acqua per l’agricoltura industriale o per gli impianti minerari, come pure l’aggressione alla natura e alle popolazioni – sia rurali sia urbane – derivante dalle monocolture e dall’attività mineraria hanno creato diversi ed intensi scontri. Non si tratta di una situazione localizzata ma si estende all’intero paese. Nella Mappa dei Conflitti, che comprende Ingiustizia ambientale e Salute in Brasile,[viii]si riportano 343 conflitti ambientali con rispettivi impatti sulla salute collettiva del paese. Le vittime principali di tali conflitti sono gli indigeni nel 33,67% dei casi, nel 31,99% sono le famiglie di agricoltori e per il 21,55% i quilombolas.[ix]
Un caso come quello del’Officina Idroelettrica di Belo Monte, costruita sul fiume Xingu (Pará) dal consorzio Norte Energía, si trascina da più di vent’anni e pregiudica i mezzi di sostentamento (alimentazione, abitazioni, territorio, ecc.) di più di 300.000 persone tra pescatori rivieraschi, indigeni e quilombolas, a causa delle inondazioni, deviazioni di fiumi, distruzione di aree selvatiche e licenziamenti legali senza previa consultazione delle popolazioni interessate.
I pescatori artigianali della baia di Guanabara hanno a che fare con la contaminazione prodotta dal Complesso Petrolchimico dello Stato di Rio de Jaineiro (Comperj) della Petrobras. Oltre ai danni per l’attività economica della pesca per innumerevoli famiglie, il Complesso è responsabile di minacce e aggressioni agli attivisti dell’Associazione di pescatori Ahomar: in meno di un mese sono stati assassinati nel 2013 due attivisti
Rio de Janeiro e Minas Gerais condividono le conseguenze provocate dalle opere della costruzione del Porto de Açu installato a São João da Barra (Rio de Janeiro). In totale saranno 32 i comuni coinvolti in varie attività produttive d’impatto ambientale. Qui il meccanismo per approvare questo tipo d’imprenditoria è stato quello di ottenere le licenze ambientali una per una, perché non si prendesse in esame l’impatto dell’insieme dei lavori. Questo complesso portuale di Açu del gruppo EBX prevede un terminal portuale per navi di grande tonnellaggio, un condominio industriale, un polo metalmeccanico, unità petrolchimiche, officine di montaggio di automobili, magazzini per gas naturale, macchinari per lavorare marmi e graniti ornamentali e un’officina termoelettrica. L’opera è un pezzo chiave per l’attuale orientamento estrattivista di risorse naturali dell’imperialismo e sta sloggiando varie comunità e colpendo una zona di riserva ambientale.
Altri conflitti suscitati da grandi attività imprenditoriali come la fabbrica siderurgica Tyssenkrup Compagnia Siderurgica dell’Atlantico (TKCSA) a Santa Cruz (Rio de Janeiro), o imprese come la Fabbrica Eternit a Minaçu (Goiás) e le Industrie Nucleari del Brasile S. A. (INB) a Santa Quitéria (Ceará) e a Caetité (Bahia) mostrano come gli scontri con la popolazione si stiano generalizzando. Una delle coordinatrici della Mappa di Ingiustizie Ambientali, Tânia Pacheco, denuncia come “la situazione si stia facendo ogni giorno più critica”… “Viviamo in un paese in cui, in questo momento, un indigeno di 35 anni (Oziel Gabriel) è finito assassinato per avere occupato un terreno riconosciuto come suo. Se osserviamo il territorio del Mato Grosso do Sul, oggi è bagnato di sangue. Chi non fu espulso durante la colonizzazione fu sloggiato il secolo scorso e continua ad esserlo oggi. Questo è lo Stato in cui si ammazzano più indigeni in Brasile, essendo responsabile del 50% delle morti di indigeni annualmente. Ma si assassina in tutto il paese e nell’intero paese abbiamo un sacco di gente minacciata di morte”.[x]Sia da industriali del legno in Amazzonia, da piantatori di eucaliptus nel Nordeste (in particolare in Pernambuco) e nel nord di Minas Gerais, o da latifondisti della monocoltura di soia, cotone e canna da zucchero in Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Rio Grande do Sul, São Paulo, ecc. o dalle imprese minerarie a Minas Gerais o in altre zone.
Lotti di petrolio concesso in appalto in terre al capitale privato nell’XI gara dell’Agenzia Nazionale del Petrolio (ANP) colpiranno direttamente famiglie di assegnatari della riforma agraria e comunità quilombolas. Uno studio condotto dall’Istituto Brasiliano di Analisi Sociali ed Economiche (IBASE), Greenpeace e l’Istituto socioeconomico (INESE) segnala che alcuni lotti sono localizzati nel territorio di 72 insediamenti nel nordest del paese. Questo tipo di misure non ha altro obiettivo che calpestare i movimenti sociali.
In un’intervista rilasciata al giornalista Luis Nasiff (Brasil 247), Dilma ha annunciato la scorsa settimana che “nella seconda metà dell’anno ci sarà una serie di gare d’appalto. Verranno appaltati 7.500 chilometri di strade, aeroporti, ferrovie, gas in terra (fracking), magazzini, linee di trasmissione e generazione elettrica e il TAV (Treno Alta Velocità)”, cosa che annuncia un festival di tangenti e anche una serie di conflitti.
L’agricoltura transgenica comporta la controriforma agraria e il degrado ambientale
I governi del Cono Sur si vantano dell’aumento della produzione di grani di questi paesi. Ma l’avanzata delle monocolture con semenze transgeniche sta peggiorando la situazione agricola della regione. L’espansione dei costi di produzione con la semina diretta provoca il cambiamento della dimensione minima vitale per questo tipo di piantagioni di soia, mais o cotone. Di conseguenza, gli insediamenti minori diventano impraticabili, il che accelera l’esclusione di piccoli produttori agricoli. Un circolo vizioso che rende difficile la permanenza delle famiglie nei campi e, riducendosi il numero dei produttori, si riduce anche la gamma dell’offerta di prodotti. Si tratta di una politica di sviluppo rurale escludente, senza persone, che quindi richiede maggiori investimenti in macchinari agricoli e concimi, amplia sistematicamente il volume di veleni agricoli utilizzati che minacciano la qualità della vita di quelli che restano e delle popolazioni delle città limitrofe, e che consuma più combustibile, ecc. Per i governi e i capitalisti dell’agro-businesss questa controriforma agraria si manifesta come l’ingannevole espansione di questo tipo di imprenditoria e quindi come un aumento del PIL e perciò come il presunto “contributo del settore all’economia del paese”.[xi]Questo è una dimostrazione di una delle tante perversioni del principale indicatore economico capitalista della “ricchezza”, lo “sviluppo” e il “progresso” dei paesi.
Nel raccolto 2011-2012 dei cinque paesi del Cono Sur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Bolivia) il 44% della terra coltivata ha conosciuto una sola coltura: la soia. Nel 2010 questi cinque paesi seminarono 47 milioni di ettari a soia. Del totale di questi, il Brasile costituì il 50%, l’Argentina il 40%, il Paraguay il 6%, la Bolivia e l’Uruguay il 2%, rispettivamente.
In Brasile, il raccolto attuale supererà gli 82 milioni di tonnellate di quello precedente, come pure il 35% della terra coltivata con questa monocoltura. Tutto questo impegno non serve ad alimentare la popolazione dei nostri paesi ma a nutrire bestiame e maiali dell’Europa e dell’Asia.
Vediamo alcuni esempi del “contributo” dell’agro-businesss in Brasile. Il comune di Limoeiro do Norte, in Ceará, è il più degradato dall’impiego di agro-veleni. Una ricerca effettuata dall’Università Federale di Ceará (UFC) insieme all’università di San Paolo ha scoperto che questo impiego indiscriminato ha comportato che uno su tre dei lavoratori esaminati presentava irritazioni, nausee, depressione, tumori, tra gli altri sintomi. Si sono constatati anche casi di decesso. Le ripercussioni sulla sanità pubblica, oltre ad essere di grande portata, non sono chiari per la società. E non se ne tiene conto come “costi” del sistema di produzione. Rispetto alla contaminazione degli alimenti, la ricerca del Ministero della Sanità ha dimostrato che nel 63% dei campioni analizzati si è individuata la presenza di due veleni usati in agricoltura. Il 29% dei campioni conteneva un livello così alto di tossicità che si sarebbe dovuto vietare il consumo di questi alimenti.
E invece i governi degli Stati e quello Federale continuano a sottostare alle menzogne della “rivoluzione verde”, che decantava gli agro-tossici perché innalzano la produttività e migliorano la qualità dei prodotti, e concedono sussidi per i fertilizzanti chimici, stimolandone il consumo e liberalizzandone l’utilizzazione. Il risultato è che il Brasile, usando milioni di tonnellate annue di questi prodotti tossici in agricoltura, è il maggior consumatore del mondo di questi veleni. Secondo dati dell’Impresa Brasiliana de Pesquisa [ricerca] Agropecuaria (Embrapa) gli Stati in testa in questo tipo di classifica sono Sao Paulo (25%), Paraná (16%), Rio Grande do Sul (12%) e Mato Grosso (9%). A parte quest’altissimo consumo, la situazione si aggrava per il modo in cui viene usato. L’irrorazione aerea – vietata in vari paesi – è una pratica comune in Brasile (e in tutto il Cono Sud). Il caso più recente è quello del Rio Verde, in Goiás, dove una scolaresca ha subito durante una merenda all’aperto una fumigazione con Engeo Pleno, un insetticida di Sygenta che era stato prima vietato dall’Instituto Brasileiro do Medio Ambiente (Ibama) e poi liberalizzato. Bambini e adolescenti hanno provato immediatamente diversi malesseri e i casi seguiti hanno provato la comparsa di sintomi allarmanti.
C’è un rapporto diretto tra chi legifera e chi trae profitto. Tra i proprietari delle principali estensioni di terra e industrie del settore ci sono molti parlamentari, tra cui il senatore Blairo Maggi (Partito della Repubblica, alleato del governo) e capo della Commissione Ambiente del Senato, che è a sua volta composta dai proprietari terrieri Garibaldi Alves Filho, Ivo Cassol, Kátia Abreu, José Agripino ed Eunício Oliveira.
In arretramento la riforma agraria
Rispetto alla proprietà della terra, il governo di Dilma Rousseff è quello che ha espropriato meno latifondi negli ultimi vent’anni. In realtà, ha arrestato il lento processo di riforma agraria del governo Lula e ora ha anche deciso l’abbandono completo della demarcazione dei territori indigeni, cedendo alle pretese dei grandi proprietari dell’agroindustria e delle imprese minerarie
Vediamo alcuni dati su questa situazione, fornita da João Pedro Stedile.[xii]“Nel nordest vi sono oltre 200.000 ettari pronti per il progetto di irrigazione con milioni di fondi pubblici, che il governo offre e destina esclusivamente a imprenditori del Sud per produrre per l’esportazione”… “Abbiamo milioni di lavoratori rurali, salariati, sottoposti a ogni tipo di sfruttamento, a un lavoro semi-schiavistico e all’inadeguata esposizione agli agro-veleni” … “L’85% delle migliori terre brasiliane sono utilizzate solo per soia/mais, foraggi e canna da zucchero. Il solo 10% dei proprietari terrieri, gli agricoltori che possiedono aree al di sopra dei 500 ettari, controlla l’85% del valore della produzione agricola, senza alcun valore aggiunto, per l’esportazione. L’agro-business ha ri-primarizzato l’economia brasiliana. Siamo produttori di materie prime, vendute e appropriate soltanto da 50 imprese multinazionali che controllano i prezzi, i saggi di profitto e il mercato mondiale” Il modello produttivo degli agro-businesss “genera distorsioni di ogni tipo: nel 2012 mancò mais nel nordest e agli allevatori di uccelli da cortile, ma Cargill, che controlla il mercato, esportò due milioni di tonnellate di mais dal Brasile negli Stati Uniti. Per altro verso, importiamo fagioli neri dalla Cina per mantenere le nostre abitudini alimentari”. … “Questo non è un modello sostenibile per l’ambiente circostante, perché la pratica della monocoltura distrugge la biodiversità esistente in natura, utilizzando in modo irresponsabile pesticidi. E questo squilibrio dell’ecosistema avvelena il suolo, l’acqua, la pioggia e i prodotti alimentari. Il risultato è che il Brasile partecipa solo per il 5% alla produzione agricola mondiale, ma consuma il 20% di tutti i pesticidi nel mondo. L’Istituto Nazionale del Cancro (INCA) ha rivelato che ogni anno ci sono 400.000 nuovi casi di tumore, provocati da alimenti contaminati da pesticidi. E il 40% di questi casi sono mortali”.
Mentre per la riforma agraria si sono predisposti nel bilancio federale per il 2013 R$ 5 miliardi, la presidente Dilma Rousseff ha annunciato con la grancassa, il 4 giugno, che è stato aggiudicato un credito di R$ 136 miliardi per il finanziamento degli imprenditori agricoli per il raccolto della canna da zucchero 2013-2014. In questo modo, l’ammontare del credito per i proprietari terrieri è aumentato del 18% rispetto al periodo precedente. I blandi tassi da applicare variano tra il 3% e il 5,5% annui per prestiti a 15 anni. E comprendono tutti i processi: piantagione, raccolto e commercializzazione, costruzione di silos, finanziamento dell’acquisto di macchinari agricoli, impianti di irrigazione e magazzini, ecc. L’aggiudicazione delle risorse indica chiaramente quali siano le priorità del governo del PT: assegna all’agro-businesss risorse superiori di 272 volte a quelle assegnate alla riforma agraria.
Il crescente dissanguamento delle risorse destinate all’agro-business è legato al permanente incremento dei costi di questa forma di produzione. Il costo medio di produzione della zafra (raccolto della canna), da quella precedente all’attuale, è salito del 21%; quello delle sementi, del 53%; e i pesticidi sono aumentati del 20%. Secondo uno studio recente dell’Istituto per l’Economia agro-pastorale del Mato Grosso, l’agricoltore che produce 3 tonnellate/ha (media nazionale) spenderà l’equivalente di 2,4 tonnellate per fertilizzanti, concimi, pesticidi ecc., e rimarrebbero quindi solo 600 kg/ha. Dal punto di vista macroeconomico, si nota come gran parte dei 136 miliardi generosamente assegnati dal governo quest’anno al settore vada direttamente alle multinazionali produttrici di concimi e prodotti chimici per l’agricoltura.
Poiché i brevetti della soia Roundup Ready (RR) della multinazionale non hanno validità in Brasile, la Monsanto ha realizzato il semplice incrocio della soia RR con una soia contenente Bt, una tossina che elimina alcuni tipi di insetti e lanciato la soia RR2, annunciando che era la “seconda generazione di soia geneticamente modificata” per ricavare nuove royalties. Diversi agronomi brasiliani garantiscono che non vi è alcuna innovazione, ma solo un’altra delle manovre della contestata Monsanto. Inoltre, recenti studi di scienziati francesi e americani hanno analizzato le scoperte di 77 studi effettuati in 8 paesi di 5 continenti concludendo che c’è un aumento crescente della resistenza delle malattie alle piantagioni geneticamente modificate trattate con repellenti degli insetti.[xiii]
Vi sono tuttavia aspetti ancor più vergognosi rispetto al comportamento di subordinazione all’agro-businesss da parte del governo. Questa settimana, il ministro dell’Agricoltura, Antonio Andrade, si è recato per la seconda volta dopo maggio in Cina, chiedendo al paese asiatico di aprirsi alla soia Monsanto. Lo stesso cancelliere Antonio Patriota, ad onore del suo cognome, ha partecipato di persona ai negoziati come lobbista della multinazionale.[xiv]
Dilma ha posto fine alla demarcazione delle terre indigene
Davanti a un pubblico di uomini bianchi, “ben vestiti”, ultracinquantenni perlopiù possidenti, imprenditori di “agro-business” ed esponenti parlamentari dei latifondisti, l’8 maggio, in un’udienza organizzata dalla Commissione di Agricoltura, Allevamento, Approvvigionamento e Sviluppo rurale presso la Camera dei deputati, la ministra della Casa Civil (capogabinetto del governo), Gleisi Hoffmann, rivolgendosi alla platea di imprenditori e proprietari agricoli ha annunciato cambiamenti drastici nella politica di demarcazione delle terre indigene. Sullo sfondo di entusiastici applausi, ha informato che prima della fine dell’anno si delineerà un quadro normativo nuovo per i processi di demarcazione delle terre indigene.
Finora, era la Fondazione Nazionale dell’Indio (Funai) a guidare i processi di demarcazione, in quanto organo federale responsabile per la decisione e l’applicazione della politica indigenista brasiliana, nel rispetto di quanto deliberava la Costituzione Federale Brasiliana del 1988.
Il settore dei proprietari terrieri, dopo il successo della sua campagna con l’approvazione del nuovo Codice Forestale – un arretramento dal punto di vista ambientalista – è passato a esercitare pressioni contro la demarcazione delle terre indigene che in qualche modo rendono difficili le sue invasioni illegali delle terre delle popolazioni originarie. Con la sua proposta di emendamento costituzionale (PEC 215) che consegnerebbe l’approvazione finale del processo di demarcazione al potere Legislativo, ha fornito al governo una “giustificazione” per prendere una decisione sostitutiva della PEC 215 che svolge la stessa funzione.
Togliendo alla Funai la funzione di decidere su questo punto e subordinando gli studi di questa all’Embrapa e rendendo obbligatorie le consultazioni dei ministeri dell’Agricoltura, dello Sviluppo Agrario e delle Città, sembrerebbe che la decisione diventi più democratica. In realtà, però, poiché due di questi ministeri sono in mano a esponenti dei rurali, il governo fornisce loro la possibilità di vietare ogni nuova demarcazione. Di qui i loro entusiasmi e i loro applausi.
Ricordiamo che Dilma in due anni ha omologato meno aree demarcate dei governi precedenti, per cui non si tratta di una decisione contraria all’orientamento governativo, ma coerente con il metodo produttivo adottato dal PT nel governo, che ha come alleato privilegiato il settore dei proprietari e imprenditori agricoli.
A concludere la cosa, alcuni giorni dopo la ministra Gleisi Hoffmann ha sostenuto la decisione governativa affermando che “il governo non può concordare, e non concorderà, con minoranze con progetti ideologici irrealistici”. Ha cioè definito le richieste indigene di terra come “un progetto ideologico irreale” di una minoranza indigena di cui il governo non terrà conto.
Né il PT né la CUT si sono espressi contro la posizione del governo e, meno ancora, nessun partito istituzionale si è scandalizzato per la decisione. La protesta della presunta “sinistra” PSOL è stata piuttosto timida.
Megaeventi e controriforma urbana
Nel corso dell’esercizio dei due governi Lula sono stati lanciati i Programmi di Accelerazione della Crescita /PAC I e II), puntando a realizzare le opere infrastrutturali che permettessero lo sviluppo che avrebbe trasformato il Brasile nella “Cina latinoamericana”. Il PAC I dispose di US$ 170 miliardi per la realizzazione di 2471 progetti di infrastrutture. Il PAC II, opportunamente annunciato prima dell’inizio della campagna elettorale del 2010, destinò US$ 878 miliardi al medesimo obiettivo. Si trattò di un’iniezione enorme di capitale che favorì in primo luogo le imprese di costruzione transnazionali a capitale brasiliano e che – in alcuni casi – fu dirottato anche verso investimenti di capitali di origine criminale.[xv]
Il regime di Dilma ha promosso un Piano Nazionale di Logistica (PNL) volto allo sviluppo delle infrastrutture del paese (autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, ecc.), nonché per le opere “indispensabili” per ospitare megaeventi sportivi (Coppa delle federazioni – 2013 -, Campionato mondiale di calcio – 2014 -, Giochi olimpici – 2016). E sta utilizzando questo piano per effettuare una controriforma urbana nelle principali città del paese.
La maggioranza degli spostamenti di popolazioni favoriscono un’operazione di “pulizia” in zone con comunità conflittuali, e aprono spazio alla valorizzazione del territorio, funzionale alla speculazione immobiliare. A Rio, il numero della gente coinvolta è di 30.000 persone. Una “concentrazione di queste opere si realizza nella parte est di Rio de Janeiro in alcune aree dove non stanno vivendo delle persone. In questo modo, si ha lo spostamento di popolazioni verso zone più lontane dalla città, il che comporta una perdita in termini di trasporti, di tempo e di spesa perché questa gente possa raggiungere i luoghi di lavoro”. … “Ad esempio, nel Morro da Previdência, dove c’è il progetto del Porto Maravilha, alcune famiglie sono state rimosse a causa della costruzione di una teleferica, e altre sono state spostate senza alcuna giustificazione da aree non a rischio”. … “Questi processi di rimozione danno la priorità agli investimenti imprenditoriali e agli affari e avvengono attraverso un processo decisionale autoritario, ristretto, non trasparente e simbolicamente molto violento”.[xvi]Nelle favelas con maggiore interfaccia con i siti degli eventi l’occupazione militare tramite le Unità di Polizia Pacificatrice (UPPs) non va insieme all’avanzare di servizi pubblici e dei diritti civili. Non si tratta quindi di una ristrutturazione che avvantaggi lo sport o la cittadinanza, e che è invece incentrata in grandi operazioni immobiliari attraverso un processo decisionale che disconosce sia lo Statuto della Città (2001) sia i Piani Direttivi, principali strumenti di una pianificazione con partecipazione della cittadinanza. Si sta aggredendo il capitale sociale di molte delle comunità: la capacità di resistere al clientelismo politico, i trasferimenti d’autorità, la violenza poliziesca e anche il traffico di droga. Con questa controriforma urbana, volta a favorire la speculazione immobiliare, si sta smantellando l’organizzazione comunitaria.
E con la costrizione dei megaeventi questo processo si è esteso a varie città del paese: con situazioni ancora più gravi di Rio de Janeiro, in Belo Horizonte, dove la violazione dei diritti umani e lo sterminio della popolazione che vive in strada (moradores de rua) è stata denunciata dal Centro Nazionale dei Diritti Umani della Popolazione di strada e Selezionatori di Materiali Riciclabili /CNDDH). L’ente denuncia di temere l’intensificarsi di azioni contro la “gente di strada” con l’apertura dei Giochi per la Coppa confederale. E ricorda che vi furono in Belo Horizonte 100 omicidi di costoro negli ultimi due anni.
Come segnala David Harvey, “la produzione dello spazio urbano si collega sempre più al modello mercantile asservito alle necessità dell’accumulazione, promuovendo cambiamenti, esigendo riadeguamenti di usi e funzioni dei luoghi nella città, riproducendosi in base alla legge di quel che è riproducibile. È così perché oggi, sempre più, lo spazio prodotto come mercanzia entra nel circuito dell’interscambio attirando capitali che migrano da altri settori dell’economia, in modo di riavviare la riproduzione in un momento di superaccumulazione del capitale che coarta e nasconde la produzione della città come spazio-tempo di realizzazione della vita umana”. E conclude: “Il capitale ha la capacità di costruire le città che vuole senza che gli interessi che cosa vuole la gente. Come individui ci vediamo costretti a vivere nel tipo di città che vuole il capitale e nel tipo di città coerente con il fatto di conservare l’accumulazione di capitale”.[xvii]
Il retrogrado statuto del “nascituro”
Un Progetto di Legge (PL 489/2007) dell’ex deputato Luiz Bassuma (Partito Verde- Bahia) e Miguel Martini (Partito Umanista di Solidarietà – Minas Gerais) propone di istituire uno Statuto del Feto, chiamato “nascituro”. Il progetto è stato approvato nella Commissione finanze il 5 giugno tramite il sostituto della deputata Solange Almeida (PMDM di Rio de Janeiro).
Il Progetto di Legge arriva a considerare pieno soggetto di diritto l’ovulo fecondato, e quindi il feto concepito e non nato finisce per avere più diritti della madre. Per giunta il Progetto pretende di legalizzare la violenza sessuale subita dalle donne, in particolare lo stupro, rendendo inammissibile l’aborto conseguente allo stupro e istituendo un sostegno per il sostentamento del nato fino al diciottesimo anno. Il Progetto instituisce la cosiddetta “Borsa stupro”, come si definisce nei movimenti femministi, insistendo sul fatto che la punizione ricada sulla stessa donna stuprata. La “borsa” sarà a spese dello stupratore, e se questo non pagherà, a spese dello Stato. Lo stupro è un crimine ripugnante. Tramite questo progetto, lo stupratore finisce per essere definito genitore e la vittima è costretta ad avere rapporti con il criminale giacché questo dovrà assumersi la paternità. Dal punto di vista femminile, è la cosa più contorta che è venuta in mente agli oppositori fondamentalisti dell’aborto.
Perderebbero il diritto all’aborto anche le donne che rischiano la vita e quelle gravide di feti decerebrati, una conquista femminista recente ottenuta dalla giustizia. Approvato questo progetto, resta proibita ogni manifestazione che riguardi l’aborto, limitando il diritto al dibattito. Senza alcun dubbio, questo sproposito legale rientra nella svolta a destra auspicata dal governo Dilma.[xviii]
Cala il sostegno al governo e aumenta la conflittualità.
Il livello di popolarità di Dilma Rousseff ha perso 8 punti percentuali, scendendo dal 65% in marzo al 57% nel giugno di quest’anno.[xix]
Cala il sostegno al governo e aumenta la conflittualità. Il livello di popolarità di Dilma Rousseff ha perso 8 punti percentuali, scendendo dal 65% in marzo al 57% nel giugno di quest’anno. Si tratta del primo calo di popolarità dal gennaio 2011, quando ha assunto la presidenza del Brasile. I dati dell’indagine indicano che il deterioramento dell’immagine di Dilma è il riflesso dell’aumento del pessimismo dei brasiliani nei confronti della situazione economica, in particolare rispetto all’inflazione e alla disoccupazione. Degli 8 punti persi, per la maggior parte provengono da settori meno scolarizzati e con reddito più basso, soprattutto nel sud-est del paese. È la cosa che emerge è che le donne, molto più degli uomini, hanno smesso di sostenere Dilma. E il dato cresce se si considera il settore di donne con reddito più basso.
Ma come, dov’è finita l’espansione di un nuovo ceto medio in Brasile tanto decantata dal PT? La realtà è un’altra, ci sono diverse inchieste che vengono ignorate, e che dimostrano che il progetto dei governi del PT continua a far aumentare la disuguaglianza. Nel dicembre 2012, l’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica (IBGE)[xx]ha informato che tra gli 84 milioni di brasiliani con un qualche reddito, gli 8,4 milioni (il 10%) che percepiscono il reddito mensile più basso hanno ridotto, tra il 2000 e il 2010 la loro partecipazione agli introiti complessivi. Da un introito mensile di R$ 134 (US$ 67) sono passati a R$ 101 (US$ 50), vale a dire che sono passati a disporre di R$ 3,36 al giorno. Resterebbero loro 16 centesimi dopo aver pagato un biglietto di autobus a San Paolo. L’indagine ha altresì messo in risalto come la redistribuzione del reddito in Brasile continui a mantenere un’aberrante disparità. Nel 2010, il 10% dei lavoratori meglio retribuiti sono rimasti al 45,3% del totale dei redditi, mentre il 10% dei peggio retribuiti ricevevano l’1,3% degli introiti complessivi del paese.
Questo deterioramento economico per i più poveri spiega la vasta reazione popolare di protesta contro l’aumento di R$ 0,20 del biglietto dell’autobus a San Paolo. Un ritocco di questo valore del prezzo della tariffa dei trasporti pubblici in questa città può sembrare insignificante ad alcuni, ma per chi percepisce un salario minimo (a San Paolo è di R$ 755) e utilizza omnibus e metro per andare e per tornare dal lavoro – cosa normale – la spesa per il trasporto a fine mese sarà di R$ 200, ossia più del 26% del suo reddito. E questo per un servizio pessimo, in autobus pieni. In una mobilitazione che ha occupato Avenida São Paulo ed è stata violentemente repressa dalla polizia, uno spazzino di un’impresa terziarizzata, un fattorino, un’ausiliaria amministrativa del commercio e una studentessa di famiglia a basso reddito hanno dichiarato a un giornalista della UOL che con l’aumento del biglietto dovranno rinunciare a qualcuno dei pasti quotidiani.[xxi]Anche la settimana scorsa ci sono state grandi manifestazioni contro il prezzo del biglietto a Rio de Janeiro e a Porto Alegre. È una reazione all’aumento che riflette il malcontento per l’aumento dei prezzi in generale e per la minaccia di disoccupazione. Non dimentichiamo che la crescita dell’inflazione in Brasile di circa un 50% è dovuta ai prezzi dei generi alimentari, soprattutto di frutta e verdure – che sono quelli che salgono di più. E la mobilitazioni tendono a generalizzarsi: è già stata convocata una mobilitazione nazionale contro il costo del biglietto e per il “passaggio gratuito” per il prossimo giovedì (20 giugno).
Teniamo presente una domanda che si pone David Harvey: “Chi produce la città, chi riproduce la città”?, per concludere che tutti coloro che producono e riproducono la città fanno parte della classe lavoratrice. Lo dimostrano i singoli manifestanti nella mobilitazione contro l’aumento del biglietto a San Paolo. Sono quelli che vivono nelle favelas o nei suburbi più poveri, percepiscono meno di un salario minimo o poco più e appartengono alla classe-che-vive-del-lavoro.
Come da quasi trent’anni l’avanguardia delle lotte in America Latina non sta nelle fabbriche. Non sono state protagoniste centrali né del Quebra Quebra (1982) a San Paolo, in Brasile; né del Caracazo (1989) in Venezuela, né della sollevazione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) in Chiapas, Messico (1994), né della guerra dell’acqua a Cochabamba (2000), né della sconfitta del golpe dell’imperialismo in Venezuela (2002), né della sollevazione urbana rivoluzionaria a El Alto in Bolivia (2005).
Il governo di Dilma ha ancora l’appoggio dell’élite dei lavoratori: bancari, petroliferi, delle fabbriche di montaggio delle automobili, dei grandi poli industriali come quello di Campinas (SP) o di Caxias do Sul (RS), funzionari pubblici privilegiati, ecc. Tuttavia, in poco tempo ha spinto verso l’opposizione dipendenti della sanità e insegnanti della scuola pubblica che stanno facendo ampie lotte per aumenti salariali, popolazioni urbane che non sono riuscite ad entrare a far parte del mitico ceto medio brasiliano, braccianti e lavoratori senza terra (MST e Via Campesina) per il blocco della riforma agraria, il complesso delle popolazioni indigene per il blocco della demarcazione delle loro terre e l’avanzare dell’agro-business e dell’industria mineraria nei loro territori, quilombolas minacciati anch’essi dal modello estrattivo, pescatori artigianali e rivieraschi dalla contaminazione di fiumi e coste oceaniche, donne con basso reddito dall’inflazione ed altre con maggior reddito e un certo livello di istruzione dall’aberrante “statuto del nascituro”.
Un chiaro sintomo di questa situazione sono i fischi ricevuti da Dilma allo stadio Mané Garrincha di Brasilia sabato 15 giugno, quando è stato inaugurata la Coppa delle Confederazioni. Non hanno sorpreso nessuno i fischi contro Joseph Blatter, presidente della FIFA e capo della mafia dei traffici nel calcio internazionale. Ma è la prima volta che si prende atto che Dilma riceve un rifiuto di questo genere.
Tenendo conto che tutti questi movimenti sociali oggi all’opposizione facevano parte dei fedeli alleati del PT fin dalla sua nascita, quello che hanno ottenuto i governi del PT e soprattutto quello di Dilma è un vero e proprio record. Le sue molteplici compromissioni con il capitalismo cominciano a metterne in risalto gli insormontabili limiti di fronte alle aspirazioni popolari.
Da boletín solidario de información- Correspondencia de Prensa – Colectivo Militante – Agenda Radical – Montevideo – Uruguay
[i]José Álvaro de Lima Cardoso, Trajetória preocupante das contas externas do Brasil. L’autore è un economista e supervisore tecnico del Dipartimento Intersindacale di Statistica e Studi Socio-Economici (DIEESE) di Santa Catarina (8 giugno 2013).
[ii] La BNDES è la maggiore banca di sviluppo del mondo e la maggiore prestatrice brasiliana. La sua dimensione è del doppio di quella della Banca Interamericana di Sviluppo (BID). Riceve importanti apporti di capitale dai fondi pensione amministrati da sindacalisti del PT. I fondi pensione dei dipendenti pubblici possiedono US$ 306.000.000.000 in attivi e rappresentano il 18% del PIL, il valore massimo di un paese emergente. Con questi e con apporti di banche statali e private ha finanziato le principali fusioni imprenditoriali promosse dal governo per mondializzare imprese brasiliane e ogni tipo di imprenditoria, incluso di capitalisti stranieri.
[iii] Lima Cardoso, op. cit.
[iv] La stima Selic funge da base per ogni tipo di interessi praticati in Brasile. È stabilita dalla Banca Centrale.
[v] Maria Lucia Fattorelli, coordinatrice dell’audit cittadino per il Brasile (Fato, 17-09-2012).
[vi] Ibidem.
[vii] Per maggiori informazioni sul fracking si veda: Rapporto sollecitato dal Parlamento Europeo e Rapporto del Tyndal Center dell’Università di Manchester sulla base di esperienze avanzate di fracking negli Stati Uniti (pubblicato in: www.fracturahidraulicano.wordpress.com/impactos/); James Northrup, vecchio investitore dell’industria energetica in dichiarazioni per Earth Focus di linktv.org; Aitor Urresti-Florent Marcellesi, Fracking Hell (L’Inferno del fracking), nel sito http://www.youtube.com/watchv=0RvSj_DI8MI&feature=player_embedded; Josh Fox, curatore del documentario Gasland, ha realizzato un film autobiografico avendo ricevuto una lettera di una compagnia di fracking che si offriva di acquistargli i diritti di estrazione di gas del suo terreno. A partire da questo, avviò una ricerca al riguardo e decise di far vedere l’attuale realtà di un paese già minato da pozzi di gas e l’impatto devastante sulla salute e sulla vita della gente; si possono consultare le ripercussioni del fracking nel sito di Fractura Hidráulica nel link. www.fracturahidraulicano.wordpress.com/impactos/ con allegati altri testi di vari paesi europei che denunciano il procedimento.
[viii] Questa Mappa, elaborata da Fiocruz e dall’ONG Fase, è stata lanciata nel 2012 e vi si accede tramite il link: http://www.conflitoambiental.icict.fiocruz.br/.
[ix] Quilombolas: è la denominazione abituale degli schiavi o discendenti da schiavi negri, i cui antenati nel periodo della schiavitù fuggirono dalle piantagioni di canna da zucchero o dalle fattorie che li sfruttavano in lavori manuali, per dar vita a piccole popolazioni chiamate quilombos. In Brasile restano ancora presenti attivamente oltre 2.000 comunità quilombolas, che si battono per il diritto alla proprietà della loro terra sancito dalla Costituzione federale del 1988, ma subordinato alle grandi fattorie o imprese che invadono i terreni agricoli.
[x]Viviane Tavares, Mais uma semana do Meio Ambiente e nada a comemorar, EcoDebate, (7/6/2013): http://www.ecodebate.com.br/.
[xi]Leonardo Melgarejo, A trasgenía está mutando para pior a realidade agrícola brasileira, Instituto Humanitas Unisinos, 3-6-2013 : http://www.ihu.unisinos.br/entrevistas/520591.
[xii]João Pedro Stedile, El dilema de la reforma agraria en el Brasil del agro-negocio, in Kaos en la Red, 07-01-2013. http://kaosenlared.net/. J. P. Stedile è un economista di formazione marxista nonché membro della direzione nazionale del movimento dei lavoratori Senza Terra (MST), di cui è uno dei fondatori. Partecipa dal 1979.alle attività della lotta per la riforma agraria e a Via Campesina Brasil.
[xiii] V. Eco Debate, 13-6-2013 : http://www.ecodebate.com.br/2013/06/13/estudio-mostra-resistencia-creciente-de-plagas-a-plantios-transegenicos-repelentes-de-insectos/#sthash.HOV71qeb.dpuf.
[xiv]Brasil vai a China por soja da Monsanto, Bolletim AS-PTA, n. 632, 14 giugno 2013: boletim@aspta.og.br .
[xv] La società di costruzioni Delta, che ottenne la partecipazione alla costruzione di vari stadi, ha come socio occulto l’organizzatore di scommesse e giochi illegali (“bicheiro”) Carlinhos Cachoeira, in buoni rapporti di amicizia con tutto l’arco dei partiti del parlamento brasiliano e con vari governatori di Stati.
[xvi] Sônia Fleury, Megaeventos y violación de los derechos humanos en Rio de Janeiro, Instituto Humanitas, Univeridade do Vale do Rio dos Sinos, www.ihu.unisinos.br/.
[xvii] Intervento di David Harvey nel quadro del IV Incontro Internazionale di Economia Politica e Diritti Umani, organizzato dall’Università Popolare delle Madri di Plaza de Mayo, svoltosi tra il 4 e il 6 ottobre 2012 a Buenos Aires.
[xviii] Maria Guilhermina Cunha Salasario (delegata per Santa Clara del movimento nazionale GLBT), Proyecto de declaración para el Conselho Municipal de Direitos das Mulheres, giugno 2013.
[xix] Folha de São Paulo, sulla base di un’indagine a firma Datafolha.
[xx]Daniela Amorim, Rendimiento encolhe para 8,4 milhôes de brasileiros entre 2000 e 2010, Agencia Estado, 19 dicembre 2012.
[xxi]Gil Alessi, Aumento de R$ 0,20 na passagem obriga paulistanos de baixa renda a pular refeiçôes, IOL, São Paulo, 12 giugno 2013.